Torino è invasa dalla settima arte. Dal 18 al 26 novembre il capoluogo piemontese accoglie il meglio della cinematografia nazionale e internazionale per il Torino Film Festival con film, documentari, ma anche mostre tra cui spicca ICONE – a cura di Matthieu Orléan – che ricostruisce interamente la carriera artistica del regista americano Gus Van Sant.
Visitabile fino al 9 gennaio 2017 all’interno del Museo Nazionale del Cinema, l’esposizione passa dalle polaroid degli inizi, agli acquerelli, fino ai dipinti e i cut-up fotografici. Al centro, naturalmente, il suo cinema, con le numerose influenze letterarie, artistiche e musicali che lo contraddistinguono.
La mostra, divisa in sezioni, offre oltre 180 materiali che comprendono stampe fotografiche originali, disegni preparatori per i lungometraggi (in parte non realizzati), cortometraggi inediti, video musicali, making-of e montaggi con le sequenze più celebri e rappresentative tratte dai suoi film.

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Tra i più interessanti registi statunitensi della scena indipendente, è riduttivo collocare Gus Van Sant solo nella categoria “registi”. E’ un artista poliedrico e attivo su diversi fronti, tra cui pittura, fotografia, scrittura. Elementi comuni sono il paesaggio urbano di Portland (dove vive), gli spazi desertici, le visioni intermittenti, una certa percezione alterata della giovinezza, che attinge dalla vicinanza alle istanze della beat generation.

Elephant, la storia dei due adolescenti che organizzarono e misero in atto il massacro nel liceo Columbine, è il film che lo fa conoscere al grande pubblico nel 2003, grazie alla Palma d’Oro vinta a Cannes per il miglior film e la miglior regia. Uno sguardo che si sposta lungo la linea delle connessioni tra adolescenza e maturità, il bisogno d’amore declinato nella diversità e le dinamiche sociali del presente, tra classicismo e sperimentalismo.
Il suo cinema è esistenziale e anticonformista, capace di portare avanti il discorso sovversivo, la sofisticata ricerca formale della pittura, che pratica dagli anni della scuola di design, l’immediatezza profonda della fotografia e la fisicità del cinema low-cost: Belli e dannati (1991), Will Hunting – Genio ribelle (1997), Psycho (1999), Last Days (2005), Milk (2009) opere diverse eppure fortemente coerenti nella rappresentazione dei turbamenti e degli affanni della vita.

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Emblema di un cinema radicale e audace, Gus Van Sant è un cineasta assolutamente paradossale, erede della Beat Generation, di cui propugna valori politici ed accenti provocatori, al punto da ideare numerosi progetti underground con lo scrittore William Burroughs. Un cinema sulla gioventù affamata di vivere, tra skater, studenti e musicisti rock/grunge, ai margini di un mondo adulto che li respinge.

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Nella mostra l’inquietudine adolescenziale si ritrova nelle Polaroid scattate negli anni ’70 e ‘80, che ritraggono le future star del cinema (Joaquin Phoenix, Keanu Reeves, Nicole Kidman, Matt Damon, Uma Thurman, Ben Affleck, immortalati in un’eterna giovinezza), nelle sue fotografie, nei suoi collage, negli acquarelli in grande formato (nello stile di David Hokney o di Elizabeth Peyton).
Una full immersion nello sfaccettato universo artistico di Gus Van Sant riassumendo le sue opere figurative e plastiche, i suoi film, fino alle collaborazioni originali con artisti della fotografia e della musica come William Eggleston, Bruce Webber, M Blash o David Bowie.

Pushed by Luisa Lenzi

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