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Riccioli scuri, occhiali e una chitarra. Arriva da Palermo e canta di galassie negli armadi, amori, malinconie, ma anche spensieratezza, di critica alla società e di introspezione.
Nicolò Carnesi ha 30 anni, è un cantautore, arriva da Palermo e forse i più attenti se lo ricorderanno quest’anno in tour con Brunori Sas.

Il suo album del 2016 “Bellissima noia” è un ottimo disco che arriva a due anni di distanza dal debutto, nel 2012 con “Gli eroi non escono il sabato” e dall’altro interessante lavoro del 2014Ho una galassia nell’armadio”.

Del concetto di “noia” l’artista ha un’idea personale, seppur bella, positiva. L’album si compone di nove tracce di varie sonorità tra chitarra, percussioni e sassofoni, strizzando l’occhio a Samuele Bersani, alla malinconia di Colapesce – suo illustre conterraneo – raccontando con puntualità il mondo che ci circonda e i sentimenti umani.

Carnesi parla della società contemporanea sviluppando una profonda analisi introspettiva, dalla critica ai fenomeni musicali moderni (“Ma tutto intorno non c’è niente di magnifico, tutto intorno non c’è un cazzo di magnifico”),  al rapporto di coppia in “Comunichiamo male”.

A ottobre 2017 è uscito Motel San Pietro, nuovo singolo masterizzato agli Abbey Road Studios, che Carnesi ha descritto come «una canzone molto diversa da tutto quello che ho fatto finora», curioso dell’effetto che farà sul pubblico.
Il nuovo singolo è quasi una sorta di piccola deviazione nel percorso musicale del cantautore siciliano, per dare più spazio alla contemporaneità e alla sperimentazione: «Mi sono divertito – racconta Carnesi – a decostruire la forma canzone fatta di ritornelli cantabili e strofe simmetriche e ad estremizzare la voce servendomi di diversi effetti. Uno sguardo in avanti in uno spazio-tempo non definito, come quello raccontato dal testo della canzone stessa».

Da ottobre a dicembre è in tour in tutta Italia, a cavallo tra autunno e inverno, per sentirlo cantare: “Ti sedevo accanto, da qualche parte nel tempo. Io lacrimavo parole, tu masticavi certezze. Mi arrampicavo a speranze sui tralicci dei treni, ma le distanze più belle sono quelle che non percorri mai”.

 

 Pushed by Luisa Lenzi

 

 

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