Una donna a pezzi: Ilaria Macchia racconta l’inadeguatezza femminile

«A me Irene piace, piace molto. Nonostante i suoi sbagli, le sue fragilità, le sue scelte sbagliate. O forse proprio per questo».

Ilaria Macchia, sceneggiatrice, romana d’adozione ma pugliese d’origine, sorride, timida e fiera allo stesso tempo, mentre “difende” gli errori della protagonista del suo libro “Ho visto un uomo a pezzi”, edito da Mondadori. È il suo primo romanzo, e il sentimento che traspare quando ce ne parla, in una sera di maggio al Mondadori Store, ha qualcosa di materno.

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L’autrice Ilaria Macchia

Si tratta di sette racconti, incentrati sulla figura di una trentenne, Irene, che si muove attraverso la vita senza una direzione chiara e precisa; l’unico moto che la guida, anzi, è proprio il caos. Ciò accade perché la donna è incapace di guardare le cose nella loro interezza, di coglierne il significato: il suo sguardo sulla realtà è frammentato. “A pezzi”, per l’appunto.

E questa visione disgregata si riflette nella forma dell’opera, nata dopo una gestazione di quattro anni non come un unico romanzo bensì come un insieme di racconti; frammenti di vita che lasciano spazio a omissioni, a buchi temporali, al non-detto.

Irene attraversa la vita e le pagine del romanzo in modo scomposto, traballante, pericoloso. Ogni volta che ancheggia sinuosa, su quei tacchi che non abbandona mai, rischia di ferire affetti e sentimenti. Viene ferita lei stessa, dalla propria solitudine di cui non riesce mai a liberarsi. E, messa di fronte alle difficoltà, fugge.

Ma scappare, ribadisce più volte l’autrice, non significa per forza evitare le proprie responsabilità. «A noi donne», spiega Ilaria Macchia «viene chiesto di rispettare delle tappe sociali, che invece agli uomini non vengono imposte. Ci vengono fatte delle richieste pressanti. E non sempre possiamo o vogliamo obbedire». La fuga da certi obblighi – dal matrimonio, o anche semplicemente da un rapporto sentimentale stabile – non è necessariamente sintomo di debolezza, dunque, ma può essere letta come affermazione di libertà. Del proprio diritto a non seguire schemi che altri (i genitori, gli amici, o la società in generale) hanno cucito su di noi, senza che potessimo ribellarci.

Irene è bella. E sbaglia sempre. Ed è bella anche perché sbaglia, perché scappa, perché a volte è vigliacca. Ma profondamente autentica, nelle sue debolezze. Come tutti noi.

Pushed by Gloria Presotto

 

 

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